
L'ara 1 L'Ara Pacis Augustae è un altare dedicato da Augusto nel 9 a.C. alla Pace, intesa come dea romana, e posto in una zona del Campo Marzio consacrata alla celebrazione delle vittorie, luogo emblematico perché posto a un miglio (1.472 m) dal pomerium, limite della città dove il console di ritorno da una spedizione militare perdeva i poteri ad essa relativi (imperium militiae) e rientrava in possesso dei propri poteri civili (imperium domi). Storia La dedica, cioè la cerimonia di consacrazione solenne, non ebbe però luogo fino al 30 gennaio del 9 a.C., data importante perché compleanno di Livia, moglie del princeps. La scoperta dei primi blocchi scolpiti, appartenenti all'altare, risale alla metà del XVI secolo, in corrispondenza di Palazzo Fiano (già Peretti, ora Almagià). Solamente nel 1859 furono recuperati il rilievo di Enea e la testa di Marte del rilievo del Lupercale. Nei primi anni del XX secolo furono intrapresi scavi regolari, conclusi nel 1938 quando, ricomposte tutte le parti, l'altare fu collocato presso il Mausoleo di Augusto, a ridosso del lungotevere e ad una certa distanza dal luogo in cui il reperto fu originariamente ritrovato. Caratteristiche artistiche Decorazioni interne e altare L’altare è costituito da un podio di quattro gradini sul quale poggia un basamento che presenta altri quattro gradini solo su un fronte. Sopra di essi è collocata la mensa utilizzata per le offerte delle spoglie di animali, stretta tra due avancorpo laterali. Le due sponde laterali presentano vasi a volute vegetali e leoni alati. La mensa occupa tutto lo spazio interno del recinto dal quale è separato da uno stretto corridoio il cui pavimento è leggermente inclinato verso l’esterno. L'altare è decorato con personaggi femminili sullo zoccolo, mentre nel fregio superiore che gira all'interno ed all'esterno della mensa vi è la raffigurazione di un sacrificio con le Vestali ed il pontefice massimo. Decorazioni esterne Nella parte Modifiche attuali ![]() I lavori sono stati più volte interrotti a causa di polemiche riguardanti l'aspetto della struttura. Sono state quindi concordate varie modifiche del progetto originale tendenti ad alleggerire l'impatto visivo di alcune superfici originariamente previste in alluminio e successivamente realizzate in travertino. Questo non ha impedito che l'opera sia stata accolta con pareri contrastanti. Il New York Times l'ha definita senza mezzi termini un "flop", mentre il famoso critico d'arte e polemista Vittorio Sgarbi l'ha liquidata spregiativamente definendola "una pompa di benzina texana nel cuore di uno dei centri storici più importanti del mondo" - nonché il primo passo verso una "internazionalizzazione" della Città di Roma. Tuttavia il giudizio non è affatto unanime: ad esempio Achille Bonito Oliva ha espresso apprezzamenti per il museo di Meier.
I materiali e le tecnologie 2Per la realizzazione del nuovo Museo sono state impiegate materie prime e realizzati impianti di assoluta qualità. La scelta dei materiali è finalizzata all'integrazione con l'ambiente circostante: il travertino, come elemento di continuità coloristica, l'intonaco e il vetro, in grado di offrire una compenetrazione tra interno ed esterno, un contemporaneo effetto di volume e trasparenza, di pieno e vuoto. ![]() Il travertino proviene dalle stesse cave da cui fu estratto per la realizzazione di piazza Augusto Imperatore negli anni Trenta ed è lo stesso più recentemente utilizzato da R. Meier per il Getty Center di Los Angeles e altre importanti opere architettoniche. La sua lavorazione "a spacco" e le caratteristiche stesse della pietra ne fanno un materiale unico, prodotto con una tecnica messa a punto per lo stesso Meier. L'illuminazione, sia interna che esterna, notturna e diurna impiega riflettori dotati di accessori anti-abbagliamento, filtri per la resa del colore e lenti che circoscrivono e modulano la distribuzione del fascio luminoso in relazione alle caratteristiche delle opere esposte. L'intonaco bianco Sto-Verotec, già materiale d'uso tradizionale, qui viene impiegato su pannelli di vetro riciclato di dimensioni finora mai usate in Italia. Si caratterizza per l'estrema levigatezza, ottenuta attraverso sette strati di applicazione su rete vitrea e per la sua reazione "autopulente" agli agenti atmosferici. Il vetro temperato che racchiude l'Ara è composto da due strati, ciascuno di 12 mm, separati da una intercapedine di gas argon e dotati di uno strato di ioni di metallo nobile per il filtraggio dei raggi luminosi. La sua tecnologia, studiata per ottenere un rapporto ottimale tra resa estetica, trasparenza, fonoassorbenza, isolamento termico e filtraggio della luce, si spinge al limite delle attuali possibilità tecniche. Il microclima interno è affidato ad un complesso impianto di climatizzazione che risponde a due essenziali requisiti: essere il più discreto possibile rispetto all'architettura circostante e reagire in tempi brevi a cause perturbanti le condizioni termiche e di umidità. Una serie di ugelli crea una cortina d'aria che lambisce le grandi vetrate, impedendo fenomeni di condensazione e stabilizzandone la temperatura. A questo è stato associata l'alta tecnologia del sistema a pannelli radianti Seppelfricke SD: una fitta rete di tubi in polietilene reticolato elettronicamente sotto il pavimento e percorsa, secondo la necessità, da acqua temperata calda o fredda, al fine di creare condizioni climatiche ideali: assenza di polveri sospese dovute a moti convettivi dell'aria, sensibile diminuzione di acari, rispetto dell'ambiente grazie al forte risparmio energetico, climatizzando di fatto solamente i volumi nei quali sono presenti i visitatori.
Restauri I primi interventi di restauro riguardanti l'Ara Pacis e la sua sistemazione nel padiglione sul Lungotevere, datano agli inizi del 1950, quando il Comune fece liberare la struttura dal muro paraschegge, riparare la trabeazione dell'ara danneggiata dalle protezioni antiaeree e costruire tra i pilastri, in luogo delle vetrate rimosse durante la guerra, un muro di m. 4,50 d'altezza. Il vero ripristino del padiglione avvenne solo nel 1970 con la posa in opera di nuovi cristalli. Nel corso degli anni Ottanta, si è proceduto al primo sistematico intervento di restauro sull'Ara, che ha comportato lo smontaggio e la sostituzione di alcuni dei perni in ferro a sostegno delle parti aggettanti del rilievo, oltre alla risarcitura delle fratture della malta, al consolidamento dei restauri storici, alla ripresa del colore delle parti non originali e naturalmente alla rimozione di polveri e residui depositatisi nel corso degli anni. In questo stesso intervento, la testa riconosciuta come Honos, ed inserita erroneamente nel pannello di Enea, è stata rimossa. Anche se non adeguatamente isolato dalle vetrate ripristinate, si sperava che gli interventi degli anni Ottanta, consentissero la buona conservazione del monumento a lungo termine. Invece già alla metà degli anni Novanta si sono resi manifesti i problemi legati ad un'escursione termica e igrometrica troppo ampia e repentina: infatti la malta è tornata a riaprirsi in un reticolo di microfratture; l'umidità, raggiunti i perni in ferro che non era stato possibile sostituire, ha provocato la loro espansione e la frattura dall'interno del marmo; inoltre da indagini condotte sulla tenuta delle lastre maggiori, sono emersi risultati preoccupanti, quali segnali di distacco dal muro di sostegno; infine, uno strato di polveri grasse e acide si era depositato con stupefacente rapidità su tutta la superficie dell'altare, frutto dell'aumento incontrollato dell'inquinamento da traffico e da riscaldamento. Le precarie condizioni del monumento, nell'impossibilità di adeguare la teca esistente, hanno spinto nel 1995 il Comune di Roma a pensare alla sostituzione della vecchia teca.
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Quando tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia ... compiute felicemente le imprese in quelle provincie, il Senato decretò che per il mio ritorno si dovesse consacrare l'ara della Pace Augusta presso il Campo Marzio e dispose che in essa i magistrati, i sarcedoti e le vergini vestali celebrassero un sacrificio annuale" (Res gestae divi Augusti 12,2). La sua costruzione fu votata dal Senato romano nel 13 a.C. per celebrare il vittorioso ritorno di Augusto dalle provincie occidentali, come lo stesso princeps ricorda nel racconto delle sue Res gestae. Poiché la dedicatio del monumento fu celebrata il 30 gennaio del 9 a.C., sappiamo che il completamento dell'opera richiese in tutto tre anni e mezzo, necessari alla realizzazione della ricca e complessa decorazione, affidata con tutta probabilità a scultori neoattici attivi a Roma nel I sec. a.C. L'Ara Pacis è costituita da un recinto con due fronti di m.11,63 e due lati di m.10,625. Al centro dei lati più corti due aperture danno accesso all'altare propriamente detto, sul quale venivano compiuti i sacrifici. La decorazione scultorea corre sia sul lati esterni che su quelli interni del recinto. Quella esterna si svolge su due fasce: la superiore reca un fregio figurato, l'inferiore una decorazione vegetale a girali d'acanto. Questa decorazione a bassorilievo rappresenta uno dei capolavori della scultura classica. I girali si sviluppano con simmetria rigorosa intorno all'asse disegnato dallo stelo verticale dell'acanto e celano nel fogliame piccoli animali (lucertole, serpenti, scorpioni e rane) o si intrecciano con rami di altre piante (uva, edera ed alloro). L'intera composizione è sormontata e ritmata dalla presenza di cigni ad ali spiegate in posizione araldica. L'evidente valenza simbolica dell'intero disegno e dei singoli elementi allude allo stato aureo di natura e al ritorno di un'età di rinascita e prosperità sotto la guida del princeps. La fascia superiore esterna del recinto rappresenta, sui lati nord e sud, una processione. Sul fronte meridionale, rivolto verso la città, compare Augusto a capo velato e coronato di alloro, preceduto e seguito dai membri degli amplissima sacerdotia , le principali cariche sacerdotali dello Stato. Secondo l'interpretazione corrente, lo precedono i Pontifices e lo circondano gli Augures (da identificare piuttosto come consules, secondo una più recente lettura critica) mentre al suo seguito si riconoscono i tre Flamines maiores, i sacerdoti di Giove, Marte e Quirino, la massima triade di divinità della Roma arcaica. Il significato della processione è oggetto di diverse interpretazioni. Un'ipotesi vuole Augusto ritratto nell'atto di procedere all' inauguratio , la cerimonia celebrata dagli Augures prima di dare inizio alla costruzione di un edificio sacro. La scena raffigurata sarebbe dunque l' inauguratio della stessa Ara Pacis, celebrata nel 13 a.C. E' anche possibile tuttavia che ad essere qui rappresentato sia invece il reditus di Augusto, il suo ritorno a Roma dalle vittoriose campagne in Gallia e Spagna, avvenuto il 4 luglio dello stesso 13 a.C. In questo caso i consoli e i massimi sacerdozi romani sarebbero rappresentati nell'atto di accogliere il principe vittorioso, portatore di pace, prosperità e abbondanza. Sullo stesso fronte meridionale è ritratto Agrippa, amico, principale collaboratore e genero di Augusto, morto nel 12 a.C. durante la realizzazione dell'Ara Pacis. Agrippa apre la sequenza dei famigliari, concepita come un vero e proprio programma dinastico. La successione dei congiunti è così sapienteme ![]() Altri membri della famiglia imperiale, in genere di minore spicco, compaiono sul lato settentrionale del recinto. Qui la processione ritrae gli ordines sacerdotali dei Septemviri epulones , addetti ai sacrifici cruenti, degli Augures e dei Quindecemviri sacris faciundis , custodi dei libri sibillini, esaurendo in questo modo la rappresentazione delle cariche religiose più importanti dell'ordinamento romano. Le due fronti dall'edificio, ai lati delle porte, sono decorate nella fascia superiore da quattro pannelli, due per ciascun lato. Sui pannelli del fronte occidentale sono rappresentati Enea che sacrifica una scrofa ai penati e Romolo e Remo allattati dalla lupa . Il primo motivo celebra la discendenza romana, e quella della gens Julia in particolare, da Enea e da suo figlio Julo Ascanio, da cui prende il nome la famiglia di Augusto. ![]() Sul fronte orientale il pannello di sinistra rappresenta la cosiddetta Tellus, secondo il motivo ellenistico della terra fertile e dei suoi frutti, rappresentati dai due putti che le siedono in grembo. La Tellus, certamente la rappresentazione più nota e studiata dell'intera Ara Pacis, è in realtà meglio interpretabile come divinità polisemica, dalle molte valenze simboliche, riassuntiva dei significati di pace e prosperità e assimilabile, par altri versi, alle figure di Ghe, Venere e Rea Silvia. Ai lati due ninfe, una su un cigno, la seconda su un drago marino, forse a simboleggiare l’aria e l’acqua. Del pannello di destra resta solo il frammento di una figura femminile seduta sopra un trofeo d’armi: con tutta probabilità la dea Roma vincitrice, forse affiancata, all’origine, dalle figurazioni di Honos e Virtus. Giuste queste interpretazioni, l’Ara Pacis accoglieva chi entrasse dalla via Flaminia con la rappresentazione della pax romana stabilita tramite l’imperio terra marique. Anche lungo le pareti interne del recinto si svolgono due fregi sovrapposti, rappresentanti l'inferiore una palizzata in legno e il superiore una serie di ghirlande di frutta e foglie, in cui si distinguono piante di valore simbolico intramezzate da bucrani sorretti da fasce sacrificali. Da un'analisi condotta nel 1937 si è supposta la cromia delle figurazioni vegetali e la doratura del vasellame sacrificale. L'altare interno è forse la parte meno conservata dell'Ara. Pochi i frammenti recuperati del fregio che correva lungo lo zoccolo. All'altezza della mensa rimane invece una figurazione di dimensioni ridotte, dove si distinguono le vestali, gli apparitores victimarii al sacrificio annuale che ogni anno, come ricordano le Res gestae, si celebrava sulla stessa mensa. La Teca e il museo novecentesco dell'Ara Pacis
Negli anni del conflitto le vetrate furono rimosse e il monumento protetto da sacchetti di pozzolana, sostituiti in seguito da un muro paraschegge. Solamente nel 1970 la teca fu ripristinata.
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IL PROGETTO MEIER | |||||
I particolari del progetto Il progetto per il nuovo complesso museale dell'Ara Pacis è stato redatto da Richard Meier & Partners Architects, studio statunitense a cui si devono alcuni dei più notevoli musei della seconda metà del Novecento. La cantierizzazione del progetto è stata assegnata all'italiana Maire Engineering ed è curata, per l'Amministrazione comunale, dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali e dall'Ufficio Città Storica. L'edificio, rimasto sostanzialmente inalterato, è stato concepito per essere permeabile e trasparente nei confronti dell'ambiente urbano, senza compromettere la salvaguardia del monumento. Un organismo ad andamento lineare che si sviluppa secondo l'asse principale nord-sud e si articola in aree scoperte, ambienti completamente chiusi e in zone chiuse, ma visivamente aperte alla penetrazione della luce. Il nuovo complesso museale, che ricompone la quinta edilizia ad ovest del Tridente, è suddiviso in tre settori principali. Al primo settore, una Galleria chiusa alla luce naturale, si accede tramite una scalinata che supera il dislivello tra via di Ripetta e il Lungotevere e raccorda la nuova costruzione alle chiese neoclassiche antistanti. La scalinata presenta due elementi di richiamo al passato: una fontana, memoria del Porto di Ripetta che insisteva proprio su quest'area, e una colonna che misura dall'Ara la stessa distanza che, in età augustea, la separava dall'obelisco della grande meridiana. La Galleria, che ospiterà i servizi di accoglienza, assolverà la duplice funzione di introdurre la visita al monumento e di "schermare" l'Ara da meridione. Superata la sua penombra, si entra nel Padiglione centrale, dove di giorno l'Ara è immersa nella luce diffusa dei lucernari e da ampi cristalli filtranti. Questa soluzione ha comportato il montaggio di oltre 1500 mq di vetro temperato, in lastre grandi fino a tre metri per cinque, tali da annullare l'effetto-gabbia del Padiglione e garantire il massimo di visibilità. Il terzo settore, a nord, ospita una Sala per convegni disposta su due piani e fornita di un locale per ristorazione. Sopra la sala, un';ampia terrazza aperta al pubblico affaccia sul Mausoleo di Augusto. Sfruttando il dislivello esistente tra il Lungotevere e via di Ripetta, è stato inoltre ricavato un vasto piano semi-interrato, fiancheggiato dal Muro delle Res Gestae, unico elemento conservato del vecchio padiglione. In questi spazi verranno realizzati una biblioteca, gli uffici di direzione e due grandi sale illuminate artificialmente, dove saranno esposti i frammenti non ricollocati nella costruzione del 1938 e altri importanti rilievi della cosiddetta Ara Pietatis. A questi spazi, utilizzabili anche per mostre temporanee, si accederà sia internamente, sia tramite due ingressi indipendenti a sud e nord di via Ripetta.
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Bibliografia 4 AA.VV., Richard Meier: il Museo dell'Ara Pacis, Milano 2007. Piero Adorno, L'arte italiana, volume primo-tomo primo, G. d'Anna, 1985 Orsini Orietta, Ara Pacis, Electa Roma 2007 Eugenio La Rocca ,Ara pacis Augustae : in occasione del restauro della fronte orientale, Erma ed. 1986 G. Moretti, Ara Pacis Augustae, 1946. Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Roma 2000 Ranuccio Bianchi Bandinelli e Mario Torelli, L'arte dell'antichità classica, Etruria-Roma, Utet, Torino 1976. E. Simon, Ara Pacis Augustae, 1967.
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